Massimo Adolfo Caponeri
Psichiatra, psicoanalista, psicoterapeuta
Prima ancora di una violenza fisica ci sono molti segnali che non sono colti, o forme di violenza che spesso vengono accettate: offese, isolamento sociale, svilimento, derisioni, umiliazioni, controllo intrusivo, reazioni rabbiose, privazione o controllo delle risorse economiche, discussioni estenuanti fino alla privazione di sonno, tradimenti, gelosia possessiva.
Tanto più a lungo una relazione si degrada tanto più spesso ci si abitua a forme insane di relazione.
Perché si continua a stare nel gioco?
Possono esserci reali questioni pratiche economiche, spesso magari sopravvalutate o comunque non giustificate fino in fondo, o sensi di colpa più o meno inconsci, e anche favoriti dall’atteggiamento colpevolizzante del maltrattante, fragilità personali con paura dell’abbandono, o una competitività che fa giocare al rialzo le manifestazioni aggressive, posizioni “onnipotenti” (lo farò cambiare) o da soccorritrice: spesso il maltrattante alterna fasi di debolezza a sua volta e di richieste di bisogno e di aiuto.
In certi casi un atteggiamento sacrificale compensa un senso d’identità non ben acquisito; come a dire “sani per confronto”.
Si provi a pensare a tante mogli degli alcoolisti, ma anche a tante altre relazioni nelle quali un partner è evidentemente malsano in varie maniere.
L’ovvio corollario è che chi collude in relazioni, per così dire, “tossiche”, ha a sua volta un irrisolto senso d’identità e di autonomia, e lega a sua volta la relazione a vari tipi di bisogni paludati dal termine amore.
Nelle forme più patologiche che possono arrivare alla violenza fisica e all’omicidio è la gelosia possessiva che gioca un ruolo determinante.
Si può essere gratificati dall’idea che un partner è geloso perché ama, perché ci tiene, ma bisogna saper capire i limiti di questo sentimento.
Il controllo è l’indice principale di una gelosia possessiva e si può manifestare in molte circostanze e con modalità varie.
Sebbene i segnali si manifestino fin da subito, molto spesso non ci si presta attenzione, si sottovalutano o addirittura è frequente che siano confusi con manifestazioni d’amore.
Proviamo a spiegare con qualche esempio come potrebbe manifestarsi il controllo che è una delle caratteristiche essenziali della gelosia patologica:
1- domande insistenti fino all’atteggiamento inquisitorio riferite soprattutto a momenti della vita della persona quando il partner non è presente.
2- richiesta di localizzazione che può arrivare anche alla richiesta di foto o video del luogo in cui ci si trova (dove sei con chi sei fammi vedere)
3- frequenti messaggi anche dopo aver informato il partner che si è occupati e che per qualche tempo non si è in grado di accedere al telefono
4-accedere al telefono per leggere email e/o sms
5-la richiesta di condivisione delle password come manifestazione di intesa comune
6-la persistenza nel chiamare ripetutamente nello spazio di poco tempo (dovrebbe essere avvertita come espressione di molestia e non di modo di comunicazione)
È utile prendere coscienza del modello di relazione che si sta vivendo quando ancora non è avvenuta la prima manifestazione aggressiva.
Frasi come “non posso vivere senza te” o “tu sei mia”, sono simboliche e non possono e non devono diventare concrete.
Si rischia la co-dipendenza, in un sistema di “attaccamento” ove prevale il bisogno, come se il senso di vitalità e completezza fosse determinato solo dalla presenza dell’altro, avvertito come indispensabile per la sopravvivenza.
Rabbia e aggressività insorgono quando questo bisogno arcaico di possesso viene negato; ma non si deve arrivare alla rottura senza aver prima punteggiato i disagi quando si avvertono.
Quando tutto quel che si è sopportato diventa insopportabile e si vuole chiudere di colpo, per l’altro è incomprensibile.
E allora può reagire con aggressività.
A volte una separazione o un tentativo di allontanamento possono essere sentiti come una ferita all’orgoglio, ma la realtà non cambia.
La difficoltà sta nel come allontanarsi da una relazione diventata pericolosamente incandescente.
È inutile perdersi in spiegazioni, accettare gli ultimi saluti, l’ultimo incontro, cercare di rabbonire, o più ancora rispondere con rabbia.
L’unica risposta è la non risposta, la distanza, l’indifferenza.